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Identificare "Monna Lisa" con l’aiuto di Fonti Storiche Contemporanee del 15° e 16° secolo e gli strumenti dell’Antropologia
Abstract:
Alla domanda "Chi è Monna Lisa?" si sarebbe potuto rispondere secoli fa, se solo il linguaggio del Medioevo e del Rinascimento, il simbolismo, non fosse stato dimenticato già nel 17° secolo. Dobbiamo ora riapprendere questo linguaggio usato dai nostri avi per migliaia di anni nella storia. Il vestito e i simboli degli Sforza raffigurati nella parte superiore del colletto della "Monna Lisa" dimostrano che la signora raffigurata è effettivamente Isabella d’Aragona (1470-1524), figlia di Re Alfonso II di Napoli e moglie del Duca Gian Galeazzo II Maria Sforza di Milano. Tuttavia, oggi siamo talmente distanti dalla verità riguardante “Monna Lisa” e la vita del suo grande pittore di corte Leonardo da Vinci che non è più sufficiente supportare questa teoria con documenti contemporanei e fonti pittoriche storiche. È pertanto necessario ricorrere all’ausilio dell’antropologia.
Il ritratto più famoso al mondo si trova al museo del Louvre di Parigi, conosciuto col nome di "Monna Lisa" (Fig. 1). Nel corso delle ricerche per il mio libro "Chi è Monna Lisa? Alla ricerca della sua identità"1 e delle successive ricerche, è emerso in modo evidente che quanto dichiarato per secoli come fatto storico sull’identità di "Monna Lisa" in realtà si basa soltanto su assunti. Le riflessioni critiche su questo dipinto sono diventate una rarità. Tuttavia, attente ricerche hanno dimostrato che la risposta alla domanda "Chi è Monna Lisa?" si sarebbe potuta dare già secoli fa.
Fino a oggi si è sempre pensato che gli storici dell’arte siano gli esperti in materia di ritratti del Medioevo e del Rinascimento. Tuttavia, il loro strumento primario, ovvero la storia dello stile dell’arte (in tedesco Stilgeschichte o Bildgenese), non è adatto per determinare chi sia raffigurato in un dipinto del Medioevo e del Rinascimento, in quanto analizzare la tecnica delle pennellate dell’artista non può darci alcuna informazione sull’identità del soggetto raffigurato, né sul momento esatto in cui i ritratti sono stati eseguiti. Di conseguenza, i lavori dei cosiddetti pionieri di uno stile particolare e di buoni imitatori vengono spesso datati in modo non corretto. Non può neanche darci la certezza al 100% di avere identificato correttamente il pittore che ha realizzato l’opera.2
A dimostrazione di ciò, la maggior parte delle opere delle più grandi donne pittrici del Rinascimento, Sofonisba Anguisciola o Anguissola (1532-1630) vennero erroneamente attribuite, fino al 1995, ad artisti di sesso maschile quali Leonardo da Vinci, Tiziano, Coello, Moroni, Tintoretto, Bassano, Salviati, Bronzino, Carracci, Zurbaran, Murillo, Sustermans e Van Dyck. Tali errori vennero corretti nel 1995, quando l’Art Museum di Vienna (Kunsthistorisches Museum) presentò al pubblico per la prima volta le sue opere col nome della pittrice.3 Lo stesso accadde a Leonardo da Vinci (1452-1519), le cui opere vennero erroneamente attribuite a suoi allievi quali Giovanni Antonio Boltraffio (1466/67-1516) o successivi artisti italiani quali Giovanni Cariani (ca. 1490-1547). Tuttavia, a differenza di Sofonisba Anguisciola, questi errori devono ancora essere corretti. Per esempio, l’autoritratto di Leonardo (Fig. 2), esposto alla National Gallery of Art di Washington, è ancora attribuito a Giovanni Cariani, nonostante le caratteristiche dell’abbigliamento della persona ritratta siano tipiche degli anni 70 e 80 del 15° secolo, come potrà confermare qualsiasi esperto di storia dell’abbigliamento. Giovanni Cariani doveva ancora nascere in quegli anni.
Per una corretta identificazione di uomini, donne e bambini raffigurati nei dipinti rinascimentali e per una corretta datazione di tali opere, è necessario possedere le seguenti competenze:
- la storia del Medioevo e del Rinascimento;
- le tradizioni e i costumi di queste epoche storiche;
- la storia dell’abbigliamento: che cosa era di moda, in quale periodo e dove;
- le grandi dinastie del 15° e 16° secolo e tutti i loro membri, uomini e donne; è necessario raccogliere descrizioni dei vari membri delle grandi dinastie da quante più fonti storiche primarie e secondarie possibile;
- gli stemmi, i simboli e i colori specifici (definiti anche emblemi o insegne) di queste grandi dinastie.
È inoltre fondamentale utilizzare i documenti storici primari più rilevanti in modo scientificamente corretto per potere confermare una teoria riguardante un ritratto o un dipinto. Si possono utilizzare quale prova a supporto di una teoria soltanto le fonti storiche scritte che contengono una descrizione dettagliata di un ritratto o di un dipinto oggetto di una ricerca. Se tali fonti storiche non forniscono alcuna informazione in merito ai tratti somatici del volto, allo stile e al colore della pettinatura, o all’abbigliamento e allo sfondo della persona ritratta, non potranno supportare la teoria del ricercatore in merito all’identità del soggetto.4
Come per la maggior parte (oltre 95%) dei dipinti e disegni del Medioevo e del Rinascimento, il celebre ritratto conosciuto col nome di "Monna Lisa" non è né firmato né datato e non esiste alcuna fonte storica scritta che sveli l’identità del soggetto raffigurato. Il titolo "Monna Lisa" venne attribuito al dipinto da Cassiano dal Pozzo (1588-1657), un appassionato d’arte e segretario del Cardinale Francesco Barberini, nel 1625.5 In quel momento, la vera identità della donna ritratta era già andata perduta. Pur potendo attribuire con certezza la creazione di quest’opera d’arte al famoso pittore di corte della potente dinastia milanese degli Sforza, il fiorentino Leonardo da Vinci, la data della creazione e la persona raffigurata sono rimaste un mistero per molti anni. Tra i numerosi appunti di Leonardo si possono ritrovare centinaia di idee, le sue formule matematiche e i suoi calcoli, i suoi schizzi di innovazioni tecniche, i suoi disegni di volti, arti, animali e piante, ed anche i conti delle sue spese quotidiane, ma molto poco riguardante le sue vere annotazioni personali.
Per molti anni abbiamo letto su articoli, libri e giornali che Lisa Gherardini (1479-?1551), figlia più vecchia di Antonmaria Gherardini e moglie del mercante di seta fiorentino Francesco del Giocondo (1465-1538), sarebbe la donna misteriosa del celebre ritratto "Monna Lisa". Tale affermazione avanzata dallo storico dell’arte tedesco Frank Zollner, non è però supportata da alcuna fonte storica reperibile. Tuttavia, è certo che Leonardo da Vinci ha realizzato un disegno in punta d’argento quantomeno di un capo senza capelli di una certa Monna Lisa nel 1503.6 Il padre di Leonardo, Ser Piero da Vinci († 1504), grazie alla sua professione di notaio conosceva bene la famiglia di mercanti dei Del Giocondo, e potrebbe benissimo avere assunto il ruolo di intercessore per uno dei suoi numerosi membri.7 I Del Giocondo erano una famiglia molto numerosa. Oltre a Francesco del Giocondo, c’erano i fratelli Giocondo e Giuliano, i primi cugini Paolo, Iacopo, Amadio, Zanobi e Benedetto, e i secondi cugini, discendenti uomini di un certo Paolo del Giocondo, tra cui per esempio Piero Francesco del Giocondo (1460-1512/1528).8 Molti di questi lavoravano nell’attività familiare. Il disegno in punta d’argento del capo di Monna Lisa e presumibilmente anche il ritratto del marito (durante il Rinascimento era piuttosto comune per mercanti e nobili che mariti e mogli o sposi e spose venissero dipinti in due ritratti individuali) non sarebbero mai stati realizzati da Leonardo da Vinci senza l’intervento di Ser Piero da Vinci. Stando all’affermazione di Anonimo Gaddiano, un contemporaneo di Leonardo da Vinci, soltanto un ritratto di un certo Piero Francesco del Giocondo venne realizzato dal grande maestro: "realizzò un ritratto di Piero Francesco Giocondo [e non di Francesco del Giocondo] in vita".9 Anonimo Gaddiano non sapeva nulla di un ritratto riguardante la moglie del commerciante di seta.
Dopo la morte di Ser Piero da Vinci nel 1504, nessuno avrebbe potuto indurre Leonardo a completare il ritratto della moglie di Piero Francesco del Giocondo. Pertanto rimase incompleto, come hanno riportato i contemporanei. Possiamo affermare ciò sulla base dell’importante manoscritto del pittore e biografo Giorgio Vasari (1511-1574), "Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori", pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1550.10 Una seconda edizione più dettagliata seguì poi nel 1568.11 Giorgio Vasari, che non conosceva personalmente Leonardo da Vinci, si recò in visita da Francesco da Melzo a Milano o a Vaprio d’Adda per ottenere informazioni relative al grande pittore e ai suoi lavori. Quest’ultimo passò alla storia come “l’allievo preferito di Leonardo”. Per quanto riguarda il ritratto di Monna Lisa, Giorgio Vasari, che si sa avere confuso dei personaggi nelle sue biografie12, scrisse: "Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie; e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto. la quale opera oggi è appresso il Re Francesco di Francia [che morì nel 1547], in Fontanableo; nella qual testa chi voleva vedere quanto l'arte potesse imitar la natura, agevolmente si poteva comprendere, perché quivi | erano contrafatte tutte le minuzie che si possono con sottigliezza dipignere. Avvenga che gli occhi avevano que' lustri e quelle acquitrine che di continuo si veggono nel vivo, et intorno a essi erano tutti que' rossigni lividi et i peli, che non senza grandissima sottigliezza si posson fare. Le ciglia per avervi fatto il modo del nascere i peli nella carne, dove piú folti e dove piú radi, e girare secondo i pori della carne, non potevano essere piú naturali. Il naso, con tutte quelle belle aperture rossette e tenere, si vedeva essere vivo. La bocca, con quella sua sfenditura con le sue fini unite dal rosso della bocca con la incarnazione del viso, che non colori ma carne pareva veramente. Nella fontanella della gola, chi intentissimamente la guardava, vedeva battere i polsi: e nel vero si può dire che questa fussi dipinta d'una maniera da far tremare e temere ogni gagliardo artefice e sia qual si vuole. Usòvi ancora questa arte, che essendo Monna Lisa bellissima, teneva mentre che la ritraeva, chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che la facessino stare allegra, per levar via quel malinconico che suol dare spesso la pittura a i ritratti che si fanno. Et in questo di Lionardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa piú divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa maravigliosa, per non essere il vivo altrimenti."13
Confrontando tale citazione relativa al volto di Monna Lisa, priva di qualsiasi riferimento ai suoi capelli, al vestito o allo sfondo del ritratto, con il volto della "Monna Lisa" esposta al Louvre, non troverete alcuna somiglianza se non uno splendido sorriso, caratteristico in realtà della maggior parte dei volti femminili ritratti da Leonardo. La "Monna Lisa" del Louvre è priva di sopracciglia, di ciglia e di rosee narici, oltre al fatto che Leonardo non sembra avere prestato molta attenzione alla cavità della gola.
Inoltre, descrivendo il ritratto di Monna Lisa, Vasari lo definisce "non finito" in entrambe le edizioni della sua biografia, rispettivamente 31 anni e 49 anni dopo la morte di Leonardo da Vinci. A tale proposito, gli storici dell’arte dei giorni nostri accusano Vasari di non essere ben informato. Tuttavia, essi non dispongono di alcuna fonte storica a supporto delle loro affermazioni. Vasari descrive come "non finita", anche un’altra celebre opera del grande maestro, "L’adorazione dei Magi", e in questo caso è evidente che tale affermazione corrisponde alla realtà. Vasari scrive: "Cominciò una tavola dell' adorazione de' Magi, che v' è su molte cose belle, massime di teste, la quale era in casa di Amerigo Benci dirimpetto alla loggia de' Peruzzi, la quale anch' ella rimase imperfetta come l' altre cose sue."14
Nel gennaio 2008 la scoperta di una nuova fonte storica del 16° secolo all’Università di Heidelberg (Germania), conferma finalmente che la "Monna Lisa" del Louvre non può essere la moglie del commerciante fiorentino, Lisa Gherardini. Un amico di Leonardo da Vinci e proprietario di un’edizione Cicero, stampata nel 1477, Agostino Vespucci, scrisse le seguenti annotazioni a margine del proprio libro: "Apelles pictor. Ita Leonardus Vincius facit in omnibus suis picturis, ut enim caput Lise del Giocondo et Anne matris virginis. Videbimus, quid faciet de aula magni consilii, de qua re convenit iam cum vexillifero. 1503 Octobris (in italiano: (Come) il pittore Apelle. Così fa Leonardo da Vinci in tutti i suoi dipinti, ad esempio per la testa di Lisa del Giocondo e di Anna, la madre della Vergine. Vedremo cosa ha intenzione di fare per quanto riguarda la grande sala del Consiglio, di cui ha appena siglato un accordo con il Gonfaloniere. Ottobre 1503)."15
Leonardo da Vinci non ha disegnato il capo di Lisa Gherardini (1479-?1551), figlia più vecchia di Antonmaria Gherardini e moglie di Francesco del Giocondo, bensì quello di sua cognata Lisa del Giocondo (1468-?1542)16, la terza figlia di Bartolomeo del Giocondo, sorella più giovane di Francesco del Giocondo e moglie di Piero Francesco del Giocondo. Soltanto con l’avvento del Protestantesimo nell’Europa occidentale e centrale verso la seconda metà del 16° secolo le donne negli stati protestanti perdevano l’ultima parte della loro identità, ovvero il proprio cognome (identificativo della famiglia dei propri antenati) nel momento in cui si sposavano. Neanche le mogli dei grandi riformisti della prima metà del 16° secolo, quali Katharina von Bora (1499-1552), moglie di Martin Lutero, Idelette de Buren (1507-1549), moglie di Giovanni Calvino, Elisabeth Silbereisen († 1541), moglie di Martin Bucer, e Wibrandis Rosenblatt (1504-1564), moglie di Johannes Oecolampadius, Wolfgang Capito e Martin Bucer, per citarne soltanto alcune, dovettero cambiare il proprio cognome quando sposarono i loro celebri mariti. Katharina von Bora, per esempio, nel 1557 (27 anni dopo il proprio matrimonio) morì quale Katharina von Bora e non come Katharina Lutero. Negli stati cattolici quali Belgio e Spagna, le donne sposate non hanno mai dovuto cambiare il proprio cognome. In Italia, la modifica del cognome per le donne sposate venne introdotta recentemente, attorno agli anni 70 del 20° secolo (Art. 13 bis Cognome della moglie: La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze). Nonostante ciò, in tutti i documenti ufficiali quali passaporto o patente di guida, le donne italiane sono ancora tenute ad utilizzare il proprio cognome e non quello del marito.
Nel 16° secolo, nessuna donna italiana perdeva il cognome che aveva fin dalla nascita quale conseguenza del matrimonio. Lisa Gherardini pertanto non abbandonò il proprio cognome quando sposò Francesco del Giocondo. il suo cognome faceva parte della sua identità. Seppur sposata con Francesco del Giocondo, il suo nome è sempre rimasto Lisa Gherardini, nata nel 1468 e già trentacinquenne quando Leonardo da Vinci realizzò il disegno in punta d’argento del suo capo nel 1503. Proprio a causa della sua età si può escludere con certezza la possibilità che si tratti della "Monna Lisa" del Louvre.
Per identificare la donna raffigurata al Louvre, è necessario sapere che fino alla prima metà del 16° secolo soltanto una minoranza della popolazione in Europa (meno del 10%) era in grado di leggere e scrivere. Se qualcuno durante il Medioevo e il Rinascimento voleva lasciare un messaggio che tutti potessero comprendere, doveva avvalersi del simbolismo, il “linguaggio pittorico”, già utilizzato per millenni dai propri predecessori. Per esempio, gli episodi della Bibbia, che soltanto pochi erano in grado di leggere, venivano dipinti come immagini sui muri delle chiese, in modo che tutti potessero comprenderli. I membri delle grandi e piccole dinastie, così come i ricchi e benestanti commercianti e nobili, erano contraddistinti dai propri stemmi, simboli (chiamati anche emblemi o insegne) e colori, coi quali decoravano i loro capi di abbigliamento e i loro ritratti e sulla base dei quali potevano essere facilmente riconosciuti. Col tempo, sempre più persone del 15° e 16° secolo potevano disporre della somma necessaria per farsi realizzare un ritratto, che sarebbe sopravvissuto dopo la loro morte e che avrebbe potuto comunicare fino ai giorni nostri chi erano e com’erano. Attraverso questi ritratti si avverava il loro più grande desiderio, ovvero quello di “vivere per sempre”.
Tuttavia, al giorno d’oggi noi abbiamo dimenticato il “linguaggio pittorico” del passato, il simbolismo. Dobbiamo apprendere di nuovo a decifrare determinati stemmi, simboli e colori almeno per le principali dinastie17 in modo da potere identificare (come facevano gli araldi in passato) gli uomini e le donne raffigurati nei dipinti del Rinascimento. Nel corso del Medioevo, gli araldi avevano un ruolo molto importante, essendo in grado di identificare qualsiasi membro della nobiltà sulla base del loro stemma, anche per quelli completamente nascosti da capo a piedi dietro pesanti armature, come per esempio Signore Hartmann von Aue (Fig. 3). Tale stemma era composto dai principali simboli e dai colori specifici delle loro dinastie e decoravano i loro scudi, le selle dei loro cavalli, le loro lance, armature e spesso anche gli elmi. Le figure araldiche (spesso piante e animali) dei loro stemmi, che divennero ereditari in Francia verso la fine dell’11° secolo, diventarono l’emblema permanente di famiglie o dinastie durante il 13° secolo. Pertanto, dopo 7-8 anni di insegnamento, gli araldi erano in grado di ricollegare qualsiasi stemma a una specifica famiglia o dinastia.
I ritratti del Medioevo e Rinascimento ci svelano l’identità dei soggetti raffigurati proprio sulla base di tali stemmi, simboli e colori. Più alto era lo status del soggetto rappresentato, e più complesso divenne lo stemma durante il 15° secolo. Nella Figura 4, possiamo vedere il matrimonio del Duca Filippo il Buono di Borgogna (1396-1467) con la sua terza moglie, Isabella di Portogallo (1497-1471/72), nel 1430. Lo stemma dello sposo, della sposa e dei testimoni di nozze sono stati aggiunti al dipinto. In questo caso, conoscere gli stemmi dell’alta nobiltà del 15° secolo significa sapere esattamente chi era presente a questa importante cerimonia. Per rendere più semplice l’identificazione, le persone raffigurate a volte utilizzavano i loro simboli principali nei propri dipinti, come già faceva la potente dinastia milanese dei Visconti nella seconda metà del 13° secolo.18 Notate come nella Figura 5 i Sette Elettori del Sacro Romano Impero possono essere facilmente identificati attraverso i semplici simboli principali posti sopra di loro: l’Arcivescovo di Colonia, l’Arcivescovo di Mainz, l’Arcivescovo di Trier, il Conte Palatino del Reno, il Duca di Sassonia, il Margravio di Brandeburgo e il Re di Boemia (da sinistra a destra).
Alcune grandi dinastie, come le dinastie milanesi dei Visconti e degli Sforza, produssero numerosi simboli distintivi durante il 13°, 14° e/o 15° secolo. Entrambe divennero i maestri nell’utilizzo di tali simboli all’interno dei loro ritratti. Di conseguenza, ci è possibile identificare tutti gli 85 membri principali degli Sforza. I Visconti possedevano almeno 19 simboli e gli Sforza, che utilizzavano anche quelli dei Visconti come fossero propri, avevano almeno 31 simboli coi quali decoravano i loro ritratti.19 Quasi tutti questi simboli avevano anche diversi modi di essere rappresentati. Per esempio, il simbolo degli Sforza della mela cotogna poteva essere raffigurato in un dipinto o in un affresco come una pera o come una mela, come un fiore rosa o come un ovario inferiore.20 Ovviamente, tutti i pittori di corte dei Visconti e degli Sforza erano a conoscenza dei simboli delle loro dinastie, che spesso aggiungevano nei loro ritratti più importanti.
Leonardo da Vinci, che fu uno dei principali pittori di corte degli Sforza per almeno 18 anni dal 1482 al 1500, era pertanto molto pratico dei simboli e dei colori specifici di queste potenti dinastie. Essendo stato pittore di corte degli Sforza per così tanti anni, è sensato supporre che la signora rappresentata al Louvre sia un membro della dinastia milanese. Infatti, questa donna può essere facilmente identificata quale membro degli Sforza sulla base dell’abito che indossa e attraverso i simboli che ne decorano la parte superiore o attraverso il colletto. Secondo una fonte storica scritta, la donna del ritratto indossa un abito tipico della seconda fase del periodo di lutto di un anno delle Duchesse degli Sforza di Milano: " … un abito di colore verde scuro con due maniche di velluto nero e un velo sul capo che la copriva fin sotto gli occhi, con l’abituale acconciatura sotto a questo"21 Naturalmente, il velo della "Monna Lisa" è più corto di quello descritto. Dopo tutto, si tratta di un ritratto, e la parte più importante di ogni ritratto sono sempre gli occhi della persona dipinta. Lo storico Gregory Lubkin afferma che questo tipo di abito venne indossato dalla Duchessa Milanese Bianca Maria Visconti (1425-1468), moglie del Duca Francesco Sforza e da Bona di Savoia (1449-1503), moglie del Duca Galeazzo Maria Sforza, negli ultimi tre mesi del periodo di lutto di un anno. Nel corso dei primi nove mesi di lutto erano consentiti soltanto abiti neri senza alcun gioiello. Quest’ultimi erano proibiti anche negli ultimi tre mesi, mentre le Duchesse Milanesi degli Sforza potevano almeno cambiare l’abito nero con quello indossato dalla celebre donna del Louvre.22
Rimangono quindi soltanto cinque candidate che avrebbero potuto indossare questo tipo di abito: Bianca Maria Visconti (1425-1468)23, Bona di Savoia (1449-1503)24, Isabella d’Aragona (1470-1524)25, Beatrice d’Este (1475-1497)26 e Cristina di Danimarca (1521-1590)27. Di tutte queste cinque Duchesse Milanesi della dinastia degli Sforza possediamo numerosi ritratti. Quindi la donna raffigurata nella “Monna Lisa” del Louvre non può che essere Isabella d’Aragona (Fig. 6) figlia di Alfonso II d’Aragona, Re di Napoli, e Ippolita Maria Sforza, e moglie del Duca Gian Galeazzo II Maria Sforza (1469-1494). Il ritratto di Isabella d’Aragona nella Figura 6 è straordinario, in quanto il pittore Bernardino Luini ha utilizzato le lettere per dichiararne il nome, cosa alquanto rara nel 16° secolo. Isabella d’Aragona fu una delle donne italiane più famose nel 15° e 16° secolo. Fu l’unica donna che, secondo l’autore Paolo Giovio († 1552), ebbe il privilegio di essere menzionata nel suo stimato libro del 16° secolo “Vitae virorum illustrium”, nel quale venivano altrimenti descritte soltanto le vite di uomini famosi del Rinascimento.28 Nonostante tali informazioni su Isabella d’Aragona siano andate perse nella prima metà del 17° secolo, molti suoi ritratti sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Infatti, ne esistono ancora oltre 250 (Fig. 7)29, che ci raccontano in modo dettagliato la storia della sua vita.
Leonardo da Vinci ha dipinto Isabella d’Aragona nel suo più famoso ritratto, la “Monna Lisa”, non soltanto con l’abito ducale per la seconda fase del lutto degli Sforza, ma aggiungendo anche simboli specifici degli Sforza. Nella parte superiore dell’abito o colletto del vestito, si può vedere una serie di anelli interconnessi alla base dei quali si trova un complesso motivo, molto caratteristico per Leonardo da Vinci (Fig. 8). Si tratta della sua personale creazione di un nuovo simbolo degli Sforza, che soltanto lui utilizzava. Si tratta di una sorta di firma personale, in base alla quale possiamo affermare che “Monna Lisa” è stata realizzata proprio da lui. L’ispirazione per questo nuovo simbolo fu probabilmente l’immagine del simbolo dei Visconti raffigurante un sole raggiato su un pala d’altare, utilizzata dalla prima metà del 14° secolo (Fig. 9). In questo dipinto religioso, l’illustre e fortemente stimato Galeazzo I Visconti (1277-1328) prestò il proprio volto alla Vergine. Fino all’apparizione della Regina della Scala († 1384), moglie di Bernabo Visconti, soltanto gli uomini della famiglia dei Visconti potevano prestare i propri volti per le raffigurazioni di santi, indipendentemente questi fossero uomini o donne. Dopo la straordinaria Regina della Scala, anche le donne della famiglia Visconti e degli Sforza poterono finalmente prestare il proprio volto per le raffigurazioni femminili di santi, tra cui la Vergine. Da questo momento in avanti, gli uomini della famiglia dei Visconti e degli Sforza prestarono il proprio volto soltanto per raffigurare immagini di santi maschili, ad eccezione di una donna: Sant’Anna.30
Il simbolo Sforza della catena di anelli interconnessi è uno dei simboli più interessanti di questa dinastia, proprio in funzione delle sue origini e della sua storia di cambiamenti nel corso di quattro generazioni. All’inizio era un singolo anello con diamante, che Niccolò III d’Este († 1441), Margravio di Ferrara, presentò al grande Condottiero Muzio Attendolo Sforza (1369-1424), padre di Francesco Sforza, quale simbolo di amicizia per il suo sostegno contro il grande nemico Ottobuono Terzo, tiranno di Parma. Quando Niccolò III d’Este presentò questo simbolo anche ai Medici, quale pegno di amicizia, gli Sforza dovettero modificarlo per evitare venisse confuso quando decoravano con questo simbolo i dipinti relativi ai loro membri. Pertanto, con il Duca Milanese Francesco Sforza (1401-1466), e con suo figlio primogenito e suo successore, Duca Galeazzo Maria Sforza (1444-1476), l’anello con diamante venne utilizzato in tre diverse forme: 1. come singolo anello con diamante, tenuto tra le grinfie di un vecchio uomo con una lunga barba e il corpo di un drago (Fig. 10: Francesco Sforza ed alcuni dei principali simboli degli Sforza); 2. con tre anelli con diamante interconnessi, a simboleggiare l’amicizia tra gli Sforza, i Visconti e i Borromeo (Fig. 11: l’abito di Bianca Maria Visconti è stato decorato con i tre anelli con diamante interconnessi); 3. come catena di anelli con diamante interconnessi (Fig. 10: la catena di anelli con diamante interconnessi si può vedere sotto il corpo dell’uomo anziano con il singolo anello con diamante; e nella Fig. 12).
Il dipinto mitologico con la donna della Figura 12 che presta il proprio volto alla Dea greca Pallas, è un ritratto identificativo. Sul suo abito si possono vedere: 1. numerose serie di tre anelli con diamante interconnessi, 2. una catena di anelli con diamante interconnessi (sul colletto dell’abito), 3. un grande e una serie di piccoli singoli anelli con diamante e 4. numerose serie di quattro anelli con diamante interconnessi. Pertanto, questa donna deve per forza essere associata alla dinastia degli Sforza (tre anelli con diamante interconnessi e la catena di anelli con diamante interconnessi) e con la dinastia dei Medici (il singolo anello con diamante). Andando poi a vedere l’albero genealogico degli Sforza e dei Medici, si noterà che nessuna donna della famiglia dei Medici ha mai sposato un membro della famiglia degli Sforza, ma che soltanto one donna della famiglia degli Sforza ha sposato un membro della famiglia dei Medici. Il suo nome era Caterina Sforza (1463-1509). Si tratta della celebre contessa di Imola e Forlì, la donna combattente degli Sforza, che sposò Giovanni de’ Medici (1467-1498) nel 1497. Il pittore, un allievo di Sandro Botticelli, ha addirittura inventato per lei un nuovo simbolo: il simbolo degli Sforza con tre anelli con diamante interconnessi che unito al simbolo dei Medici con un singolo anello con diamante crea il nuovo simbolo con quattro anelli con diamante interconnessi. Questo nuovo simbolo potrà essere utilizzato soltanto da Caterina Sforza. Pertanto, quando troviamo quattro anelli con diamante interconnessi in qualsiasi dipinto del Rinascimento, possiamo affermare con certezza si tratti di Caterina Sforza.
Quando Lodovico il Moro Sforza (1451-1508), quarto figlio di Francesco Sforza, divenne l’uomo più potente di Milano nel 1478, il simbolo con un singolo anello con diamante venne nuovamente modificato. Divenne quindi una catena di larghi anelli interconnessi senza diamante per gli uomini della famiglia degli Sforza (Fig. 13) e una catena di piccoli anelli interconnessi senza il diamante per le donne della famiglia degli Sforza, come raffigurato nella decorazione sull’abito della "Monna Lisa" (Fig. 8). Soltanto Bianca Maria Sforza (1472-1510), cugina e cognata di Isabella d’Aragona, aveva il diritto di indossare una catena di anelli interconnessi di medie dimensioni, in quanto moglie dell’imperatore Massimiliano I (Fig. 14). Se Isabella d’Aragona non fosse stata in lutto quando venne ritratta nel celebre dipinto, sarebbe stata decorata con una catena reale di piccoli anelli interconnessi come Violanta Bentivoglio († c. 1550) (Fig. 15) nel suo ritratto, sposata con Gian Paolo Sforza (1497-1535), figlio di Lodovico il Moro Sforza.
Per quanto riguarda il celebre ritratto di Isabella d’Aragona al Louvre, non soltanto sappiamo chi lo dipinse e chi è raffigurato, ma possiamo anche determinare quando il dipinto originale venne realizzato. Isabella d’Aragona fu Duchessa di Milano dal 1489 al 1494. Soltanto durante questo periodo le sarebbe stato permesso indossare l’abito ducale per il lutto, e ci fu soltanto un importante decesso che potrebbe corrispondere a questo periodo. Sua madre, Ippolita Maria Sforza, morì il 19 agosto 1488. Pertanto Isabella d’Aragona deve avere indossato quello specifico abito ducale degli Sforza nella seconda fase del lutto, dal 19 maggio al 19 agosto 1489. Si tratta del ritratto ufficiale della nuova Duchessa di Milano, Isabella d’Aragona, realizzato presso il suo castello a Pavia. Tali affermazioni sono supportate anche dalle immagini sullo sfondo dell’opera.31 Tuttavia la "Monna Lisa" al Louvre non è l’originale del 1489, dove comparivano due colonne come in tutti i ritratti realizzati presso il castello di Pavia (Fig. 16).
I Visconti e gli Sforza erano i maestri nell’uso dei loro simboli specifici per comunicarci non soltanto chi fosse chi all’interno della loro dinastia, ma anche dettagli molto privati su tali personaggi; per esempio, quanti figli e figlie avessero. Molte informazioni personali che non vennero mai annotate per iscritto o che andarono perse nei successivi cinquecento-ottocento anni, sono ancora preservate nei loro dipinti. Di conseguenza, è tuttora possibile conoscere uno dei grandi segreti di Isabella d’Aragona: si sposò due volte ed ebbe otto figli. Quando il suo primo marito, suo cugino Gian Galeazzo II Maria Sforza, morì nel 1494, col quale ebbe tre figli, il figlio Francesco Maria Sforza (1492-1512) e le figlie Bona Maria Sforza (1493-1557) e Ippolita Maria Sforza (1494-1501), ella si sposò in gran segreto col suo pittore di corte preferito, nonché grande amico, Leonardo da Vinci, nel giugno 1497 (probabilmente il 24).32 Si trattò di un cosiddetto matrimonio clandestino, e soltanto pochissime persone ne erano a conoscenza. Per questo non si troverà alcun documento che ne parli negli archivi italiano, in quanto una scelta del genere era considerata in modo molto negativo per una donna del suo stato. Isabella d’Aragona, ex Duchessa di Milano e figlia di un re, sposò un uomo ben al di sotto del suo status. Non era una donna debole: non per niente fu la sola donna ad essere citata nel celebre libro di Paolo Giovio, tra i grandi uomini del Rinascimento. Era perfettamente consapevole delle proprie scelte e sposò Leonardo da Vinci perché ne era realmente innamorata.
Stando alle fonti pittoriche contemporanee, Isabella d’Aragona e Leonardo da Vinci ebbero cinque figli: Francesco (1498-1570), Conte di Melzo (Fig. 17: Francesco da Melzo (destra) col suo amico, il pittore Raffaello), Giovanna (1502-1575) (Fig. 18), Duchessa di Paliano, Maria (1503-1568) (Fig. 19), Margravia di Vasto e di Pescara, Antonio (1506-1543) (Fig. 20), Duca di Montalto, e Isabella la Giovane (c.1510-dopo il 1540) (Fig. 21), Principessa di Squillace.33 Siamo ancora in possesso di un documento scritto contemporaneo, in cui Francesco da Melzo chiama Leonardo da Vinci padre: "e mio quanto optimo Padre … ..."34 I genealogisti del passato e dei giorni nostri hanno commesso grossi errori in merito ai figli di Isabella e Leonardo. Infatti, non avendo trovato da nessuna parte alcun Francesco da Melzo, hanno sempre dato per scontato Francesco da Melzo fosse in realtà un certo Giovanni Francesco da Melzo. In realtà, Francesco da Melzo non compare mai come Giovanni Francesco da Melzo in nessun documento storico scritto, e apparteneva ai Melzo di Sforza o Melzo da Vavero e non ai Lamberghis de Melzo, a cui apparteneva effettivamente Giovanni Francesco da Melzo.35 Lo stesso accadde col secondo figlio di Leonardo, Antonio, Duca di Montalto, che venne confuso con un certo "Antonio d’Aragona", figlio di uno zio di Isabella d’Aragona, tale Ferdinando d’Aragona. Nonostante Antonio, figlio di Leonardo, fosse nato nel 1506 e morto nel 1543 e Antonio, figlio di Ferdinando d’Aragona, fosse nato nel 1499 e morto nel 1553, i genealogisti hanno sempre sostenuto si trattasse della stessa persona.36 Le figlie di Leonardo e Isabella, ovvero Maria e Giovanna, erano molto prossime al fratello Antonio. Nonostante ciò, sono sempre state confuse e considerate figlie di Ferdinando d’Aragona, nonostante questi non abbia mai avuto alcuna figlia femmina. Soltanto per il più giovane dei figli di Leonardo e Isabella, la figlia Isabella la Giovane, i genealogisti hanno abbandonato ogni tentativo di identificarne i genitori. Grazie a lei, conosciamo oggi il titolo originale di ciascuno dei cinque figli di Isabella e Leonardo: Principe o Principessa di Milano e d’Aragona.
Ad oggi, siamo talmente distanti dalla realtà relativa alla "Monna Lisa" di Leonardo, che non basta più supportare una teoria con fonti storiche scritte e pittoriche. È necessario fare ricorso anche all’antropologia. Grazie agli strumenti che ci fornisce questa disciplina, siamo in grado di risalire al volto di Isabella d’Aragona, sepolta nella Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli. Possiamo confrontare il suo DNA mitocondriale con quello dei figli Antonio e Maria, sepolti accanto alla madre, e risalire anche ai loro volti. Vale la pena sottolineare che Ferdinando d’Aragona, colui che viene considerato erroneamente il padre di Antonio e Maria, non è sepolto a San Domenico Maggiore. Avremmo invece dovuto cercare qui anche Leonardo da Vinci37. Egli non è mai stato sepolto in Francia. È molto probabile le sue spoglie siano state portate in questa chiesa nell’agosto 1519, dove potrebbero essere sepolti anche il figlio più vecchio che Isabella ha avuto col primo marito, Francesco Maria Sforza (Fig. 22), oltre alla celebre poetessa Vittoria Colonna (1492-1547) (Fig. 23), grande amica di famiglia.
Elenco dei dipinti:
- Leonardo da Vinci, "Monna Lisa", 1489, Parigi, Louvre
- Leonardo da Vinci, Auto-Ritratto, c. 1480, Washington, National Gallery of Art
- Signore Hartmann of the Aue col suo stemma, che può essere visto sullo scudo, sull’armatura, sulla sella del cavallo, sulla lancia e sull’elmo, Codice Manesse, 14° secolo, plate 6
- Miniatura dal Remissorium Phillippi, Aia, Algemeen Rijksarchief
- I sette elettori del Sacro Romano Impero, Codice Balduini Trevirensis, Koblenz, National Archives
- Bernardino Luini, Isabella d’Aragona, Duchessa di Milano, Milan, Castello Sforzesco
- Prima fila da sinistra a destra: Leonardo da Vinci (erroneamente attribuito a Francesco da Melzo), Isabella d’Aragona quale Pomona, c. 1497, Roma, Galleria Borghese; Leonardo da Vincie la sua opera, Madonna col Bambino, Dettaglio, Londra, National Gallery; Pinturicchio, Il Matrimonio dell’Imperatore Federico III e Leonora di Portogallo, Dettaglio, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini; seconda fila da sinistra a destra: Bernardino Luini e la sua opera, Santa Caterina d’Alexandria, Dettaglio, Milan, San Maurizio; Bernardino Luini e la sua opera, Sant’Apollonia, Dettaglio, Milano, San Maurizio; Leonardo da Vinci, Isabella d’Aragona, Parma, Pinacoteca Nazionale; terza fila da sinistra a destra: Andrea Solario, Salomè riceve il capo di San Giovanni il Battista, luogo sconosciuto; Bernardino Luini e la sua opera, Santa Maria Maddalena, Dettaglio, Milano, San Maurizio; erroneamente attribuito a Bernardino Luini, Isabella d’Aragona, Duchessa di Milano e Duchessa di Bari, Washington, National Gallery of Art
- Dettaglio della Figura 1
- Attribuito a Simone Martini, Maestà, Dettaglio, Siena, Palazzo Pubblico
- Zanetto Bugatto, Crocifissione con Santi e Angeli e Donatore (Pala d’altare degli Sforza), Dettaglio, Brussels, Musée des Beaux-Arts
- Bianca Maria Visconti con il simbolo degli Sforza dei tre anelli con diamante interconnessi e il simbolo imperiale dell’aquila nera, Visconti-Tarot-Card
- Opera di Sandro Botticelli, Pallade e il Centauro, c. 1497/98, Firenze, Uffizi
- Maestro della Pala Sforzesca, Lodovico il Moro Sforza e la sua famiglia, Dettaglio, c. 1498, Milano, Pinacoteca di Brera
- Imperatore Massimiliano I e la sua seconda moglie, Bianca Maria Sforza, c. 1507, Tirolo, Castello di Tratzberg
- Bernardino Luini e la sua opera, Violanta Bentivoglio, moglie di Gian Paolo Sforza, Dettaglio, Milano, San Maurizio
- Leonardo da Vinci e la sua opera, "Monna Lisa", Vernon Collection
- Raffaello, Raffaello e l’amico Francesco da Melzo, 1520, Parigi, Louvre
- Tiziano, Giovanna di Milano e d’Aragona, Duchessa di Paliano, Firenze, Galleria Palatina, Palazzo Pitti
- Agnolo Bronzino, Maria di Milano e d’Aragona, Margravia di Vasto e di Pescara,c. 1531-1533, Frankfurt am Main, Städelsches Kunstinstitut
- erroneamente attribuito a Giorgio da Castelfranco, conosciuto come Giorgione, (era già morto all’epoca in cui venne realizzato questo ritratto), Antonio di Milano e d’Aragona, Duca di Montalto, col suo amico, nonché pittore di questo doppio ritratto, c. 1524, Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- Agnolo Bronzino, Isabella la Giovane di Milano e d’Aragona, Princessa di Squillace, c. 1534-1538, Frankfurt am Main, Städelsches Kunstinstitut
- erroneamente attribuito a Giovanni Antonio Boltraffio, il pittore è Leonardo da Vinci Francesco II Maria Sforza, anche chiamato "Francesco il Duchetto", 1505, Washington, National Gallery of Art
- Sebastiano del Piombo, Vittoria Colonna come Judith, 1510, Londra, The National Gallery
Translation by Dr. Alessio Tasca
Note:
- Maike Vogt-Lüerssen, Wer ist Mona Lisa? Auf der Suche nach ihrer Identität, Norderstedt 2003 (disponibile soltanto in tedesco)
- Attualmente ogni seconda persona ritratta in un dipinto italiano del Rinascimento viene identificata erroneamente; quasi tutti i quarti dipinti italiani vengono attribuiti a pittori sbagliati, in: Maike Vogt-Lüerssen, "Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, Wer ist Mona Lisa? Auf der Suche nach ihrer Identität, id., S. 16
- Tali errori vengono commessi continuamente dagli storici dell’arte, come dimostrato nel mio articolo "The True Faces of the Daughters and Sons of Cosimo I de’ Medici", in: Medicea, rivista interdisciplinare di studi medicei, Firenze, n. 10 (2011)
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, Milano 2006, p. 81
- Giorgio Vasari, Lives of Seventy of the most eminent Painters, Sculptors and Architects, edito e annotato alla luce delle recenti scoperte di E.H. e E.W. Blashfield e A.A. Hopkins, Londra 1897, p. 395; and n-tv.de. Der Tag – Kult und Kultur, Friday, 11 January 2008
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, id., p. 91
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, id., Appendice III
- Leonardo da Vinci, Eine Biographie in Zeugnissen, Selbstzeugnissen, Dokumenten und Bildern, herausgegeben und kommentiert von Marianne Schneider, München 2002, S. 187; and Anonimo Gaddiano, BNF, Cod. Magliabechiano XVII, 17, fol. 91r (Beltrami, Docvmenti, 163)
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, id., p. 96
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, id., p. 96
- see for example the lives of Sodoma and Botticelli in: Giorgio Vasari, Lives of Seventy of the most eminent Painters, Sculptors and Architects, id., Volume 3, pp. 354-380 and Volume 2, pp. 316-319
- Giorgio Vasari, Lives of Seventy of the most eminent Painters, Sculptors and Architects, id., pp. 395-397
- Giorgio Vasari, Lives of Seventy of the most eminent Painters, Sculptors and Architects, id., p. 382
- n-tv.de. Der Tag – Kult und Kultur, Friday, 11 gennaio 2008
- Guiseppe Pallanti, Mona Lisa Revealed – The True Identity of Leonardo’s Model, id., family tree of the del Giocondo, Appendice III
- Maike Vogt-Lüerssen, "Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, “Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza I: Bianca Maria Visconti – Die Stammmutter der Sforza, Norderstedt 2008 (terza edizione), S. 166-190
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza I: Bianca Maria Visconti – Die Stammmutter der Sforza, id., S. 181
- Gregory Lubkin, A Renaissance Court – Milan under Galeazzo Maria Sforza, Berkeley, Los Angeles, Londra 1994, p. 65
- Gregory Lubkin, A Renaissance Court – Milan under Galeazzo Maria Sforza, id., p. 65
- Bianca Maria Visconti
- Bona of Savoy
- Isabella of Aragon
- Beatrice d'Este
- Christina of Denmark (only in German)
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, Norderstedt 2010, S. 7
- Maike Vogt-Lüerssen, "Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, "Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, "Mona Lisa" und andere schwere Fehler – Eine Neubewertung der Kunstgeschichte in der Renaissance, in realizzazione
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, id., S. 162-177
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, id., S. 325-345
- Leonardo da Vinci, Eine Biographie in Zeugnissen, Selbstzeugnissen, Dokumenten und Bildern, id., S. 273-274; e Charles Nicholl, Leonardo da Vinci – The Flights of the Mind, Londra 2004, p. 500; e Ludwig Goldscheider, Leonardo da Vinci – The Artist, London 1944 (2ª edizione), p. 20; e Robert Payne, Leonardo, Londra 1978, pp. 292-293
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, id., S. 183-185
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, id., S. 244-245
- Maike Vogt-Lüerssen, Die Sforza III: Isabella von Aragon und ihr Hofmaler Leonardo da Vinci, id., S. 310-312